La protezione sussidiaria, ai sensi dell’art.16 del D. Lgs. n. 251/07, deve essere accordata tutte le volte in cui sussistono fondati motivi di ritenere che, ove il richiedente ritornasse nel proprio Paese di origine, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito all’articolo 14 del richiamato D.Lgs.
Sul punto, giova precisare che il diritto comunitario disciplina nella c.d. “Direttiva Qualifiche” la protezione sussidiaria quale livello complementare e subordinato di protezione internazionale, ulteriore rispetto allo status di rifugiato, con la conseguenza che l’analisi dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria dovrà avvenire in seguito alla valutazione negativa sulla sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato.
Ciò premesso, si rileva che l’art. 2 del D. Lgs. n. 251/07 definisce persona ammissibile alla protezione sussidiaria il cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno e pertanto non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto Paese.
Nello specifico, l’art. 14 del D. Lgs. n. 251/07 definisce danno grave:
a) la condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte;
b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine;
c) la minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.